GRUPPO N

Premessa: Arte Cinetica (Gruppo T, Gruppo N) Gruppo 1, Arte Programmata

Nel 1961, quando nel mondo si scontravano opinioni diverse sull'astrattismo, sull'arte concreta, sull'arte espressionista e sulla figurazione, furono organizzate a Zagabria alcune mostre, occasione d'incontro tra artisti di provenienza diversa, sia geografica che artistica, alla ricerca di qualcosa di nuovo.
Nacque quindi l'Arte Cinetica, in parte legata a osservazioni di tipo psicologico, comprende: "oggetti in movimento" (di Alexander Calder, Bruno Munari), esperimenti mediante "trucchi percettivi" (Victor Vasarely, Gruppo T (T sta per tempo), Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi e in un secondo tempo Grazia Varisco), Gruppo N (Alberto Biasi, Edoardo Landi, Toni Costa, Ennio Chiggio, Manfredo Massironi), dove il movimento è dato dallo spostamento dello spettatore e "oggetti che si lasciano muovere" o meglio, che acquistano particolari caratteristiche (Munari, Mari), grazie ad un intervento esterno.
Tra i protagonisti di questo che diventerà un movimento artistico europeo, citiamo ancora: Julio Tinguely, Pol Bury, Jean Le Parc, Sol LeWitt, Joseph Kosuth, il gruppo Zero di Dusseldorf e quello del GRAV (Groupe de recherche d'art visuel) che nacque a Parigi nel luglio del 1960.
Si costituisce a Roma nello stesso periodo, raccogliendo in sé elementi eterogenei di impostazione gestaltica il Gruppo Uno. Gli artisti che lo componevano, intendevano svolgere operazioni di gruppo realizzando opere che arricchissero “l’alfabeto formale tramite il controllo razionale della conoscenza”. Cercavano dei segni che rappresentassero la simbologia essenziale della vita, capaci con la loro geometria di creare un nuovo linguaggio ”storico”. Ne facevano parte, tra gli altri, Biggi, Carrino, Frascà, Pace e Uncini.
Da lì a poco sempre in Italia nascerà l'Arte Programmata termine coniato dal suo più valido esponente Bruno Munari che insieme a Giorgio Soavi a Milano, presso un negozio Olivetti, nel maggio 1962, presenteranno una mostra denominata appunto "Arte Programmata" destinata a spostarsi a Roma e a Venezia. Espongono il Gruppo T, il Gruppo N, Enzo Mari, Munari, Getullio Alviani e il Groupe de recherche d’art visuel. Lo scritto in catalogo è di Umberto Eco che ne illustrerà le finalità. "L'opera artistica non può essere un pezzo unico, diceva Munari, ma bisogna mirare alla serialità per dare così la possibilità a più persone di possedere un'opera d'arte anche se riprodotta".
Nel 2012 nell’ambito degli eventi collaterali della 13. Biennale Architettura di Venezia, la mostra “Programmare l’arte. Olivetti e le Neoavanguardie cinetiche” presso il Negozio Olivetti di Piazza San Marco dal 30 agosto al 14 ottobre. La mostra intende riprendere l’esposizione che ebbe luogo nel 1962 e gli artisti coinvolti saranno quelli del Gruppo T (Anceschi, Boriani, Colombo, De Vecchi, Varisco), del Gruppo Enne (Biasi, Chiggio, Costa, Landi, Massironi), oltre a Munari, Mari e Alviani. Verranno esposti il materiale pubblicitario prodotto da Olivetti, le fotografie di Dondero, il film prodotto per l’occasione e interviste a esponenti artistici e intellettuali.

Storia del Gruppo N


Il Gruppo N nasce nel 1959 a Padova come libera associazione denominata appunto N. All'inizio degli anni '60, dei nove membri originari ne rimangono solo cinque: Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi. La fisionomia programmatica del gruppo si delinea nel corso dello stesso anno, soprattutto con l'apporto teorico di Massironi e Biasi.
Nel Manifesto del Gruppo N, Padova, settembre 1961, si legge: "La dicitura enne distingue un gruppo di “disegnatori sperimentali” uniti dall'esigenza di ricercare collettivamente. Il gruppo è certo che il razionalismo ed il tachismo sono finiti, che l'informale ed ogni espressionismo sono inutili soggettivismi".
Esplicita è la dichiarazione di poetica presentata nel 1961 in occasione del XII Premio Lissone: “La dicitura enne distingue un gruppo di “disegnatori sperimentali” uniti dall'esigenza di ricercare collettivamente”.
Gli artisti del gruppo riconoscono nelle nuove materie e nella macchina i mezzi espressivi della “nuova arte” in cui non possono esistere separazioni fra architettura, pittura, scultura e prodotto industriale. L’attività del Gruppo N si incentra su ricerche visive e cinetiche, agganciate alla psicologia della percezione, finalizzate alla realizzazione di oggetti ed ambienti che coinvolgono lo spettatore.
Presente nel 1962 alla mostra "Arte programmata", già protagonista di quell'estetica sperimentale che in quegli anni forniva nuovi campi di indagine alla ricerca visiva, la formazione padovana radicalizza il concetto di lavoro di gruppo rifiutando il principio di autorialità. Caratterizzato da una forte componente etica politica e normativa e da una coraggiosa tendenza all'autocritica, tra il 1960 e il 1965 il gruppo è segnato da scissioni, ricomposizioni, rotture. I cinque componenti, partiti da un fare mentale e performativo, a cui segue la produzione di lavori realizzati con materiali poveri, poi di oggetti cinetici, cinetici e programmati e di ambienti interattivi, danno vita a opere che generano una continua instabilità percettiva e forniscono, come scrive Giulio Carlo Argan "impulsi d'immagine, segni atti a determinare un comportamento ordinato e costruttivo dell'immaginazione".
La storia del gruppo padovano segue quella generale dei gruppi più importanti di arte cinetica e programmata la cui esperienza si avvia alla conclusione entro il 1966, non tanto per ragioni di ordine ideologico, quanto per problemi riguardanti l'esigenza ed insieme la complessità e la difficoltà stessa di ricercare collettivamente.
Umbro Apollonio scrisse nel 1967: “Un fatto è certo: il Gruppo N appare tra gli operatori plastici di Nuove Tendenze dei più responsabilmente impegnati nell’impostare le proprie ricerche quali anticipi di un inserimento fattivo e fruitivi nella configurazione del mondo attuale. Esso rifiuta qualsiasi operazione che non possa servire, in un tempo più o meno prossimo, la società, ed in più che possa essere impiegata come decorazione applicata: combatte quindi l’estetico in quanto mistificazione. A questo proposito mette conto tuttavia precisare che la ribellione non è contro la componente estetica in quanto tale, perché non si pensa affatto a non ricercarla, trattandosi di operazioni che comunque si rivolgono al campo dell’arte e non a quello della scienza, se pur di questa si sfruttino taluni suggerimenti. Il rifiuto riguarda l’estetismo, quel darsi da fare perché l’oggetto sia più bello che significante, più suggestivo, che produttivo: moltissimi oramai di coloro che hanno adottato i modi della cinevisualità non forniscono altro che prodotti formalmente ineccepibili, ma di puro godimento ottico. Il problema sta invece nel portare le strutture visive a precisi significati e quindi a precise utilizzazioni. Sotto quest’aspetto il Gruppo N ha indirizzato le sue ricerche a fenomeni collegati con la “Gestaltpsychologie” e [...] vi ha sempre la previsione esplicita di una tematica spazio-temporale da essere vissuta appunto per recuperare la socialità umana di cui siamo parte attiva e così che il nostro essere e vivere si prolunghi nella realtà, anche da noi posta, da questa non sentendosi più estranei o questa non sentendosi più estranea o questa non assumendo come preesistente alla nostra temporalità, bensì rappresentandola quale sperimentazione continua”.
Volker W. Feierabend fornisce invece una posizione di sostanziale dissenso nei confronti di una lettura politica della questione: ”L’arte cinetica italiana fu, è vero, espressione di intenti artistici rivoluzionari, ma non fu arte della rivoluzione. Il tentativo di caricare di significato politico le opere cinetiche è destinato a fallire a priori, data l’esplicita neutralità contenutistica della loro offerta estetica e percettiva”.
Lucilla Meloni suggerisce: ”la fortissima tensione etica che percorre tutta l’esperienza di gruppo, sottoposta dai suoi componenti ad una autocritica continua che ne indicava limiti, difficoltà e contraddizioni, è uno degli aspetti che rende così importante la storia del gruppo padovano, all’interno della quale, nello svolgersi di questa dialettica, etica e critica si incontrano”.
Il filo rosso che lega le diverse esperienze contrassegnate dalla produzione di oggetti cinetico visuali è il substrato di fondo, quello stesso che aveva fatto dichiarare al gruppo in occasione della partecipazione al XII premio Lissone del 1961: “(...) i loro oggetti studi e quadri nascono da esperienze difficilmente catalogabili, perché al di fuori di ogni tendenza ‘artistica’ (...) rifiutano l’individuo come elemento determinante della storia dell’esperienza della fattività e ogni perfezione che non nasca da un innocuo bisogno di ‘regolarità’... rifiutano ogni feticismo religioso-morale-politico. Difendono un’etica di vita collettiva (?)”. Frasi che racchiudono una incontrovertibile e ineludibile presa di posizione a voler essere impegnati nelle cose, nella società, correndo il rischio di intercettarne tutte le sue contraddizioni e idiosincrasie.
Per ulteriori informazioni si consiglia di visitare la sezione dedicata ad Alberto Biasi, Manfredo Massironi, Edoardo Landi, Toni Costa e Ennio Chiggio, nella biografia, cliccando quì sul nome di Alberto Biasi, Manfredo Massironi, Edoardo Landi, Toni Costa e Ennio Chiggio

Gruppo N: Biasi, Costa, Massironi, Landi, Chiggio studio in Piazza Duomo, Padova, 1962

Gruppo N Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi

Gruppo N - esecuzione Biasi, Dinamica visuale, 1964, rilievo in PVC su tavola, cm 60,4 x 60,4 x 3

Gruppo N - esecuzione Biasi e Landi, Variable round image, 1962, rilievo in PVC su tavola, diam cm 28
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