IL PREMIO D'ARTE BURANO



Introduzione

Ho ritenuto doveroso, in questo sito dedicato al Maestro Eugenio Da Venezia ed Amici, creare una sezione inerente al Premio Burano, che nelle sue prime quattro edizioni ha lasciato fortemente il segno nell’arte dell’area di Venezia e del Triveneto in generale. Un premio amato ed odiato da tutti, come la tradizione vuole per tutti i premi, che nel contempo ottiene parole dolci solo dal vincitore dell’anno e poco più, in uno scenario di scontro generazionale tra post impressionisti e pre e neo astrattisti. L’amore che comunque ne deriva è quello che unifica e la presenza di indubbia qualità nelle memorabili quattro edizioni ne è da testimone all'interno della storia dell'Arte.
Tra le numerose pubblicazioni ho trovato il testo di Giovanni Bianchi molto interessante, in quanto propone una disamina complessiva del premio nei suoi anni di svolgimento.

Premio Burano 1946: l’inizio di una storia. Breve cronistoria del Premio Burano del 1951, 1953, 1956

Il Premio Burano si è rilevato per gli artisti dell’area triveneta, in quanto non ha mai avuto una vera risposta a livello nazionale, un appuntamento importante, fondamentale di verifica sugli sviluppi della ricerca pittorica “locale”. Ha mantenuto nel tempo, pur non avendo una cadenza regolare, una popolarità tra gli artisti.
Dopo le sue prime quattro storiche edizioni (1946, 1951, 1953, 1956) il Premio Burano riprende vita a metà degli anni Sessanta come Piccolo Premio Burano per dilettanti; dal 1972 agli anni Novanta si assiste ad un rilancio del premio che prende ora la titolazione di Premio Burano di Pittura. Dal 2000 la memoria del Premio Burano è tenuta viva dalla manifestazione artistica “Invito al colore” fortemente voluta da Emilio D’Este.
Il testo proposto prende in esame le prime quattro edizioni del Premio Burano che, all’interno della sua storia complessiva, risultano di assoluta importanza e circoscrivono compitamente un primo capitolo.
A differenza delle collettive presso la Bevilacqua La Masa per giovani artisti ed alle esposizioni delle Biennali per l’arte italiana ed internazionale, il Premio Burano, che non poneva limiti di età, mette a confronto diretto diverse generazioni di pittori triveneti. Il tema dominante è il paesaggio lagunare a cui si rifaranno pittori tradizionalisti ed innovatori.
Ripercorrere le vicende delle prime edizioni del premio è occasione per testimoniare le diverse fasi dello scontro generazionale che ha interessato la variegata “famiglia” degli artisti nel periodo del dopoguerra, in particolar modo gli iterati tentativi messi in atto dalla generazione più giovane di pittori di rinnovare la visione “tradizionale” del paesaggio. Fino al punto che alcune opere dell’edizione del 1956 raggiungono un limite estremo, vanificando il significato di “paesaggio” e “paesaggismo”.


Prima edizione Premio Burano 1946

Si trattò di un concorso di respiro nazionale, indetto dal Comune di Venezia fra pittori italiani. In realtà il tema assegnato, paesaggio di Burano o paesaggio lagunare, limitò molto la partecipazione di artisti operanti dell’area veneta, cosicché la manifestazione si rivelò di fatto una competizione tra pittori “veneziani”. In questo senso il Premio prese un’importanza specifica, perché nell’affrontare la veduta lagunare si evidenziarono due correnti artistiche: una rappresentata dai “vedutisti” tradizionali, l’altra da giovani pittori più inclini all’interpretazione fantastica della realtà o addirittura alla razionale astrazione delle forme. Proprio l’opposizione tra queste due tendenze avrebbe trovato un riscontro anche all’interno della giuria, che si trovò divisa nel momento di assegnare i premi. Uno scontro di generazioni dunque che assunse fatto di cronaca per le proteste di alcuni artisti il giorno dell’inaugurazione, poco dopo la proclamazione dei vincitori dei premi messi in palio.
Nella delibera della Giunta Popolare Municipale del 22 marzo 1946 si leggeva che “lo scopo della manifestazione oltre quello di contribuire al risveglio dell’attività artistica di cui Venezia fu in ogni epoca centro fervidissimo è quello di rendere omaggio all’isola lagunare che è stata ispiratrice di tante commosse espressioni d’arte”. Questa idea viene ribadita nelle parole di Carlo Izzo, assessore alle Belle Arti, riportate in apertura al catalogo pubblicato in occasione della manifestazione: “il Premio Burano ideato dalla Giunta Popolare della Liberazione, ha trovato, nell’Amministrazione che le è succeduta, la comprensione e il fervore che l’iniziativa meritava. Un premio di pittura indetto nel nome dell’isola che ha ispirato l’arte di Moggioli, di Rossi, di Semeghini e di tanti altri, rappresenta un omaggio che è da stupirsi non sia stato reso a Burano assai prima d’ora ed è ragione di conforto per noi che, sebbene in un’ora grave come questa, sia ancora negli uomini tanta luce di fede nei valori dello spirito, da permetter loro di dimenticare per un istante le cure più dolorosamente urgenti e aprire una parentesi di pura contemplazione in un lembo tra i più sereni e ricchi di motivi poetici della terra. Del valore della mostra giudicheranno i critici e il pubblico; a noi basta averne additato qui i motivi ideali, così generosamente sentiti da quanti hanno voluto contribuire a rendere più ricca di premi la competizione. Chiudiamo ringraziando quanti ci hanno sorretto ed aiutato per il miglior esito di essa e con l’augurio che negli anni avvenire il Premio Burano possa sempre più autorevolmente inserirsi tra le manifestazioni artistiche nazionali, così che da questa nostra impareggiabile laguna si levi nel mondo una nuova voce d’invito all’amore della bellezza e della pace”.
Per sottolineare anche dal punto di vista artistico l’omaggio all’isola di Burano venne organizzata, come evento collaterale al premio, una mostra “fuori concorso” con opere di Gino Rossi, Umberto Moggioli, Pio Semeghini, i più importanti esponenti di quella che era stata la “scuola di Burano” a cui si affiancarono anche opere di Bruno Saetti, Alessandro Pomi, Mario Vellani-Marchi, Filippo de Pisis, e in via del tutto eccezionale alcune sculture di Remigio Barbaro, artista buranello.
Il bando e il regolamento del Premio Burano (datati 9 febbraio 1946) vennero resi pubblici, anche a mezzo di stampa, alla fine del marzo 1946. Per organizzare il premio il Comune chiese l’appoggio e la collaborazione della Biennale che si occupò di raccogliere le opere, che andavano notificate (entro il 16 agosto) e poi inviate (entro il 20 agosto) ai giardini de La Biennale per essere sottoposte al vaglio della Giuria. Consistente fu l’adesione al concorso dato che complessivamente gli artisti che notificarono i loro dipinti furono 254 per un totale di 592 opere. Nella stragrande maggioranza artisti veneziani e venti con un consistente nucleo di artisti lombardi, in particolare milanesi. Di tutti gli artisti che avevano notificato le opere, 209 inviarono i loro dipinti che raggiunsero il totale di 431. Tra coloro che notificarono le proprie opere ma poi non le presentarono vale la pena ricordare: Virgilio Guidi, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu, Zoran Music.
Raccolte le opere, intervenne la giuria che “seguendo il concetto generale di selezionare le opere al di sopra di qualunque tendenza, scelse dopo varie riunioni, 93 opere per un totale di 77 artisti. Venne dunque operata una severa selezione.
Il 4 settembre, giorno dell’inaugurazione della mostra, la Giuria si riunì invece per assegnare i due premi offerti dal Comune di Venezia ed i ventidue premi aggiunti. Ferruccio Asta fornì 5000 lire come premio Santo Stefano e Giuseppe Cipriani 3000 lire per il premio “Amici di Burano”.
Leggiamo la relazione della giuria:” il giorno 4 settembre 1946 alle ore 11 si sono riuniti in un’aula delle scuole elementari di Burano i sette componenti la Giuria del Premio Burano, presieduta dall’assessore prof. Carlo Izzo, in rappresentanza del Sindaco di venezia Presidente del Comitato Organizzatore. Dopo aver riepilogato ampiamente le discussioni delle sedute precedenti, la Giuria ha proceduto, a maggioranza di voti in tutti i casi, all’assegnazione dei due premi del Comune previsti dal bando di concorso e precisamente del premio di L. 100000 a Carlo Dalla Zorza per il quadro Burano e del secondo premio di L. 80000 ad Umberto Lilloni, per il quadro Velieri”.
L’assegnazione dei due premi offerti dal Comune è indubbiamente legata al riconoscimento della tradizione. Vengono infatti premiati due artisti dalla fama consolidata: un artista veneziano, Carlo Dalla Zorza, autorevole esponente del vedutismo lagunare promosso dalla cosiddetta “seconda scuola di Burano” ed un pittore milanese, Umberto Lilloni, legato ai chiaristi lombardi. Anche nella distribuzione dei 22 premi aggiunti viene sottolineato il carattere lagunare della manifestazione con il numero di diciassette. Proprio il compito di assegnare un numero così elevato di premi divise la giuria che preferì un compromesso che scontentò tutti. Si può facilmente comprendere perché la premiazione suscitò un generale malcontento soprattutto tra gli artisti locali, tanto da avviare ad una vivace protesta. Con la proclamazione dei premiati, effettuata da un democraticissimo Izzo dall’alto di un pozzo, l’inaugurazione ufficiale si mutò in un fatto di cronaca che trovò eco nella stampa, decretandone un riscontro ampio di pubblico.
Per rivivere il clima di quella giornata particolare si propone la lettura della viva e divertente testimonianza di Emilio Vedova, artista coinvolto in prima persona nella folclorissima protesta: “nel 1946 la Giunta Comunale di Venezia decise di fare un Premio Burano. Nell’isola avvenne la proclamazione del premio e sotto premi. Una giornata caldissima. La giuria non aveva risolto le sue decisioni alla mattina, si era allora di pranzo e ancora la giuria stava a discutere sulle assegnazioni. I poveri pittori ad ogni apparizione sospetta, di tipo ai lavori, o informatissimo …, sussultavano. Il pranzo dunque fu consumato nel giro di quelle tensioni. E nessuna notizia si faceva viva. Dopo mangiato ci si disperse a cercare rifugio alle vampate sciroccali che bruciavano l’isola. Quando una voce corse per dirci che il misfatto era compiuto e che il verdetto sarebbe stato reso noto nel grande campo. Erano invitate colà parecchie di quelle persone, autorità ecc. che in quel momento erano nel giro politico, rappresentativo di qualche cosa. Izzo allora assessore al Turismo, dall’alto del pozzo ci lesse l’infinita lista di premi. Non ho mai saputo spiegarmi il movente preciso che mi spinse ad allontanarmi da quell’assembramento e portarmi direttamente verso la scuola dove si teneva la mostra. La scuola era situata con tre lati dalla costruzione sull’acqua ed aveva una sola entrata, che mi trovai dinnanzi sbarrata da un nastro tricolore. Con decisione scavalcai il solito nastro che aspetta di essere tagliato dalla massima autorità e subito a cercare i miei quadri. Ricordo: le stanze calcinate a nuovo per l’occasione, rompevano e i quadri e gli occhi. Non mi fu facile trovare i miei quadri e agitato credevo di non trovarli quando eccoli. Ma ahimè davanti ai miei lavori, come se avesse mediaticamente intuito la mia intenzione, eccolo là a sbarrare, facendo scudo del suo corpo, la mia diabolica spinta bastò un millimetrico momento d’indecisione da parte mia per far si che il piccolo meridionale più nero di sempre sul bianco allucinato della parte passasse all’attacco apostrofandomi: “Ma lei chi è? Cosa fa qui? Le parole risuonarono dal Sinai di quella stanza echeggiando … una grande luce da resurrezione più che mai invadeva tagliando qua e là lo spazio … risposi “chi sono io? Io sono il padre eterno!”. Non si sa per quali influenze ataviche, indubbiamente accentuate da quella situazione surreale, l’omino preso da stupore e da spavento, lasciando finalmente cadere le braccia alzate fin’allora a difesa, esclamò: “quand’è così”. avevo via libera. Staccai in un lampo di tempo i due quadri dalla parte e subito … proprio da padre eterno, mi trovai un piccolissimo, tra le gambe, che presimi i quadri dalle mani, come se sapesse cosa doveva fare sparì. Più vicino oramai si faceva il brusio della carovana delle autorità e … eccoli infilati bel serpente del corridoio, me li trovo davanti come al ponte Sublicio. Furono attimi di sospensione; serpeggiando nell’aria qualche cosa d’incomprensibile. Qualcuno m’apostrofa: “cosa fai qui?” Dove sono i tuoi quadri?” risposi “I miei quadri? Io li ho buttati in acqua!”. Non avrei mai creduto che queste mie battute avessero un potere taumaturgico; fu il segnale della rivolta. Non avevo mai pensato che con me, altri più scontenti di me, avrebbero trovato in un gesto del genere la bandiera della loro stessa protesta; ed eccoli questi pittori, col raccapriccio delle autorità, a staccare, far volare i quadri nell’acqua dalle finestre della scuola! Si voleva procedere agli arresti, intervennero le autorità, dicendo per carità, non facciamo uno scandalo ancora più grande a minimizzare lo scandalo. L’aria era veramente inquieta: adesso i pittori passato il primo momento di panico rivoluzionario, pensavano alla follia del loro gesto e che tutto sommato: quadro, cornice stavano gorgogliando sott’acqua … ma il colmo della tensione si ebbe quando si venne a sapere che il ragazzino piccolissimo, sgattaiolato fra le gambe al momento del fattaccio aveva portato i miei quadri in salvo alla vicina trattoria da Romano e che i miei quadri (tempere: immaginiamo il disastro se fossero andati a sbattere nell’acqua) erano là tranquillissimi e niente affatto invocanti aiuto, come quelli degli altri miei colleghi. Avvertii un tale senso d’irritazione che credetti bene di sparire. la giornata calda e allucinata volgeva e al tramonto si poteva vedere pittori desolati, ai margini delle rive, ansiosi a indicare qua e la possibili punti di riferimento e un esercito di pescatori, bambini, reti, fiocine armamentari da recupero, immergersi, agitarsi a ripescare le opere. E fu così che ad uno ad uno, i quadri gocciolanti, qualcuno inforchettato con grida raccapriccianti del pittore in causa, riemersero alla luce calda della sera. Trovai tempo di vendere il giorno stesso i miei quadri scandalistici, che ora avevano anche valore di documento storico. Me ne potetti tornare a Venezia con in tasca più di un biglietto da mille ed un buono di soggiorno da consumarsi entro l’inverno da Romano per un mese.”
Se Vedova ricorda l’accaduto dal punto di vista scandalistico, il giovane emergente critico Umberto Morucchio sulle pagine della “Gazzetta Veneta” scrisse: “ma ecco una scena pietosa. L’enfante gatè pittore Vedova, che troppo spesso mescola fuori tempo arte e politica, per questo ne nasce allora arte confusa e politica sporca, andò verso i suoi quadri e scalmanato lì strappò, lottando con i carabinieri. Il suo grido pietoso e buffo era: “sono un avanguardista” (e poi altre parole che si perdevano). “Sono un avanguardista della pittura italiana”. E così presero coraggio altri pittori e fecero il gesto storico. Bergamini, meno aitante, non riuscì a sfondare la linea dei carabinieri. Con molto cuore le 5000 lire le girò alla casa di cura dei vecchi pescatori”.
Come Bergamini, anche Pizzinato rifiuta simbolicamente la somma del premio e devolse le 5000 lire assegnate alla sua opera all’Unione Donne Italiane di Venezia in favore dei bambini poveri.
A questa scenografica azione di protesta parteciparono oltre a Vedova, anche i pittori Renato Zanutto e Eugenio Da Venezia, l’unico tra questi che gettò effettivamente i suoi quadri in canale.
Bisogna, a questo punto, mettere in evidenza lo spirito diverso che aveva animato le clamorose azioni di protesta di Emilio Vedova e di Eugenio Da Venezia. L’obiettivo comune è la contestazione del verdetto della giuria, ma radicalmente opposte sono le motivazioni che stanno alla base di tale atteggiamento.
Emilio Vedova rappresenta la nuova generazione dei pittori veneziani, si proclama “avanguardista della pittura italiana”, giovane artista, promettente e battagliero, tormentato nella sua ricerca artistica, che si sente estromesso e non compreso nella sua ricerca pittorica e che quindi reagisce con violenza ad un verdetto che di fatto premia la tradizione e che non prende minimamente in considerazione le novità più estreme. La ricerca pittorica di Vedova in questi anni è infatti fortemente espressiva suggestionata da influenze che andavano da Picasso a Rouault, da Kokoschka a Permeke, da Mancini a Rossi, da Tintoretto al Guardi; orientata quindi verso un linguaggio decisamente espressionista che implicava il superamento e il rifiuto del delicato tocco veneto-impressionista. Ciò risulta evidente osservando anche l’opera Paesaggio di Burano, una delle due opere selezionate per il premio.
Eugenio Da Venezia (era presente con un’opera intitolata Primavera a Mazzorbo e dalle schede di notifica risulta che avesse presentato al premio tre dipinti) è all’opposto l’artista affermato, protagonista della scena artistica veneziana dalla fine degli anni venti che vede ora venir meno i consensi. Certamente il suo sentimento di protesta è stato alimentato dal fatto che molti artisti della sua cerchia e della sua generazione come Carlo dalla Zorza, Fioravante Seibezzi, Neno Mori erano stati premiati mentre il suo lavoro non era stato preso in considerazione. Ma probabilmente Da Venezia avvertiva anche che i tempi stavano velocemente e radicalmente cambiando e che il suo raffinato tocco pittorico e la sua delicata tavolozza erano ormai sorpassati e considerati, dalle nuove generazioni, retaggio della generazione passata.
Dopo l’inaugurazione e l’assegnazione dei premi fu stampato un piccolo catalogo e scorrendo le immagini delle opere con riconoscimento ci si può fare un’idea della qualità generale. Non si possono non condividere le parole di Morucchio quando riferendosi alle opere esposte al Premio Burano definisce “pittura dialettale quella dei molti”, mentre nota “confusione e tormento nei pittori aggiornati”.
Infatti, in linea generale, se permane la linea tradizionale del paesaggio lagunare, riscontrabile nelle opere di Dalla Zorza, Seibezzi, Mori, Varagnolo, Tonello, Bergamini si riscontra invece negli artisti della nuova generazione un rifiuto del superficiale manierismo dei vedutisti lagunari a favore di una espressione pittorica più solida e plastica di chiara reminescenza cubo-espressionista, ma non estranea alla lezione di Gino Rossi e di Virgilio Guidi. Vi è dunque un tentativo di rinnovare la visione della veduta lagunare secondo un sentire moderno. Ciò risulta evidente, ad esempio, nelle opere di Gastone Breddo, Remo Brindisi, Luciano Gaspari, Armando Pizzinato, Ezio Rizzetto, Claudio Cavaggioni. In un giudizio critico Silvio Branzi sottolinea che sia i vecchi pittori tradizionalisti che i giovani artisti vivono ora un momento di profonda crisi. ma se per i tradizionalisti la crisi è “di esaurimento e di decadenza”, per i giovani la crisi è “di germinazione e crescenza”. Nei giovani è infatti manifesta la volontà di affrontare decisamente “il problema espressivo nella consapevolezza storica del proprio tempo”; spetta dunque a loro tracciare la via della “pittura di domani”.


Seconda edizione Premio Burano 1951

Passano ben cinque anni prima che il Premio Burano possa vedere la sua seconda edizione. Infatti solo nel 1951, promosso dal Comune di Venezia e dall’Ente Provinciale per Il Turismo, viene bandito il nuovo concorso che non presenta novità rispetto a quello precedente. Il premio mantiene il suo indirizzo nazionale ed il tema rimane quello del paesaggio di Burano o quello lagunare; pertanto anche a questa edizione sono pochi gli artisti “foresti”. vengono istituiti due premi ufficiali: uno di primo grado L. 500000 ed uno di secondo 200000 che da regolamento sono indivisibili. Se ne aggiungono altri da Enti e da Privati.
la partecipazione è tuttavia massiccia; vengono sottoposte al vaglio della giuria 470 opere di 228 artisti. La giuria per l’accettazione delle opere e per l’assegnazione dei premi (composta da Umbro Apollonio, Nino Barbantini, orio Vergani e dai pittori Pio Semeghini, Armando Pizzinato, Rino Villa e Felice Carena) opera una rigorosa e drastica selezione accettando 121 opere di 101 artisti.
Anche in occasione di questa seconda edizione viene allestita una mostra fuori concorso con dipinti di Pio Semeghini, Umberto Moggioli, Gino Rossi, Arturo martini (disegni), Runo Villa, Armando Pizzinato, Felice carena, Bruno Saetti, Carlo Dalla Zorza, Mario Vellani Marchi e sculture di Arturo Martini e Remigio Barbaro.
Relativamente al Premio non vi sono clamorose azioni di protesta ma non mancano polemiche. Permane sempre una netta contrapposizione tra i pittori tradizionalisti e innovatori. In particolare alcuni artisti, di fatto contestando il tema del paesaggio, inviano per il concorso dipinti aventi come soggetto non le vedute lagunari ma pescatori e merlettaie. Si cercava di estendere il tema del paesaggio, evidentemente considerato restrittivo, anche alla figura o alla scena di genere. Di fronte a questa azione la Giuria decide che queste opere figurino alla mostra con l’indicazione di “non concorrenti al Premio”.
Quest’azione mette però in piena luce uno dei limiti del Premio Burano, che consisteva appunto nel tema stesso proposto agli artisti, rivolto esclusivamente al paesaggio lagunare. A tale proposito Guido Perocco suggerisce come “l’unico rimedio sia quello di raddoppiare una prossima volta il premio Burano con due premi uguali e distinti, uno per il paesaggio ed uno per un tema libero di pittura. sarà certamente un buon pretesto per allargare le braccia a tutti i pittori d’Italia anche a quelli che non hanno potuto venire a Burano per dipingere o comperarsi una cartolina illustrata”.
Un momento di tensione si verifica anche all’interno della stessa Giuria nel momento di assegnare il premio di primo grado di L. 500000 che, secondo il regolamento, doveva essere indivisibile. Non avendo la Giuria raggiunto una maggioranza in merito al nome di un solo vincitore, aveva deciso di non premiare nessun artista e di restituire il premio al Comune ed all’ente Provinciale per il Turismo. Preso atto di questa decisione il Sindaco ed il presidente dell’Ente provinciale per il Turismo deliberavano che il premio potesse essere diviso in due premi da L. 250000 ciascuno.
Ma chi erano i due artisti che si contendevano il primo premio e che avevano messo in difficoltà la giuria? Virgilio Guidi e Juti Ravenna, ossia le antitesi nel rappresentare il paesaggio.
Virgilio Guidi è l’artista che ha saputo rinnovare radicalmente la visione del paesaggio lagunare e la sua Immagine della laguna a Burano come nota Guido Perocco “vive come idea platonica a se stante in uno spazio assoluto senza ombre, senza nuvole, senza fiori né case”. La sua partecipazione al premio Burano non poteva non ricevere un riconoscimento, anche se la visione della laguna proposta poteva risultare troppo “assoluta”, astratta e provocatoria, in un momento in cui divampavano le polemiche tra astrattisti e realisti. Da qui probabilmente la ritrosia a premiarlo da parte di alcuni membri della giuria.
Il dipinto di Juti Ravenna, Acque e orti nell’aria di Burano, risolto con una pennellata di tocco caratterizzata da toni “freschi, perfettamente dosati” e vivificati da accenti “fauve” è nel solco della tradizionale interpretazione del paesaggio lagunare, descrittiva e spontanea.
Il secondo premio da L. 200000 viene invece assegnato al giovanissimo pittore Giorgio Celiberti, a conferma della nutrita partecipazione delle nuove generazioni al concorso.


Terza edizione Premio Burano 1953

La terza edizione del Premio Burano, promossa dal Comune di Venezia e dall’ente Provinciale Turismo, viene organizzata nel 1953 e presenta alcune novità. Infatti il bando, sempre aperto ad una partecipazione nazionale, prevede ora due concorsi distinti con relativi premi: uno dedicato al paesaggio di Burano e delle isole vicine ed uno dedicato ad opere ispirate a qualsiasi paesaggio. Inoltre viene istituito un premio speciale da assegnare ad un’opera di incisione dedicata al paesaggio di Burano. Il concorso dedicato al paesaggio libero, anche se da alcuni giudicato “in completo anacronismo con l’essenza stessa del significato più profondo a cui s’ispirò in origine la rassegna”, incrementò, anche se di poco, la partecipazione al premio di artisti attivi fuori dall’area triveneta.
La Giuria composta da Piero Leonardi (presidente), Francesco Arcangeli, Gian Alberto dell’Acqua, Felice Carena, Virgilio Guidi, Bruno Saetti, Nino Springolo, Guido Perocco (segretario) si trova a giudicare ben 603 opere di 254 artisti. Di queste, 273 erano state presentate dai partecipanti al primo concorso e 295 al secondo; 35 incisioni invece concorrevano al premio speciale. La selezione è rigorosa e vengono scelte 115 opere per il primo concorso, 142 per il secondo e 32 per il premio dedicato all’incisione.
Questa volta tutti i premi vengono divisi, probabilmente per accontentare più artisti possibile. Per il concorso dedicato al paesaggio di Burano e delle isole vicine il premio di primo grado di L 500000 viene equamente diviso tra Gigi Candiani per il quadro Riflessi verso sera e Neno Mori per il quadro Paesaggio lagunare; quello di secondo grado di L 200000 è spartito tra Fioravante Seibezzi per il quadro Canale a Mazzorbo e Luciano Gaspari per il quadro Case di Burano. Sicuramente il premio assegnato a Guidi nel 1951 è più audace rispetto ad ora. Invece per il concorso dedicato al paesaggio libero il premio di primo grado viene assegnato ex aequo al pittore lombardo Gigi meloni (L 250000) per il dipinto La Salute ed al pittore bolognese Ilario Rossi (L 250000) per il quadro Porto Canale. Premi di secondo grado (L 100000 ciascuno) sono assegnati a Luigi Cobianco per Paesaggio asolano n. 1 ed a Renato Borsato per paesaggio bretone. Tra gli incisori il premio di L 50000 viene diviso in due premi, il primo a Giovanni Barbisan (L 30000) per l’acquaforte Orti a Mazzorbo ed il secondo (L 20000) a Bruno Colorio per la xilografia Battitori di merluzzo.
Il giorno dell’inaugurazione della mostra viene data notizia dell’assegnazione dei numerosi premi aggiunti offerti da enti e privati. Immancabile è la mostra fuori concorso con terrecotte di Remigio Barbaro, paesaggi di Juti Ravenna, Nino Springolo, Mario Vellani Marchi, Vincenzo Ciardo, Arturo Tosi, Carlo Dalla Zorza, Pio Semeghini, Gino Rossi (esposta maternità), Umberto Moggioli, Carlo Carrà, Giambattista Seibezzi, Filippo de Pisis, Virgilio Guidi, Bruno Saetti, Giorgio Morandi.
In questa edizione del premio le opere “astratte” non sono molte e chiaramente tutte raccolte nella sezione del Paesaggio libero, ma certamente in una prospettiva storica risultano tra le più interessanti, come uno splendido Paesaggio di spazi di Tancredi ed un vibrante Paesaggio di Gino Morandi. Questa prima presenza di opere astratte mette in evidenza come questa ricerca, seguita in particolare dalle nuove generazioni, poteva essere intesa anche come estrema interpretazione del paesaggio. Non ci si pone più il problema di rappresentare in maniera descrittiva il paesaggio, di raffigurare ciò che si vede, bensì di suggerire con luci, colori, segni l’atmosfera, lo spazio del paesaggio stesso che ora viene intuito.


Quarta edizione Premio Burano 1956

Il quarto Premio Burano, bandito dal Comune nel 1956, cade in coincidenza con la XXVIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte. Il concorso, aperto a tutti gli artisti italiani o residenti in Italia, ha per tema il paesaggio. Per la prima volta nel bando non viene specificato che il paesaggio debba essere di Burano o delle isole vicine. Si cerca dunque un rilancio del premio anche a livello nazionale, ma che comunque resta nell’area triveneta.
Se nel bando non vengono date indicazioni precise in merito al soggetto bisogna ricordare che alcuni premi messi a concorso erano però riservati esclusivamente ad opere ispirate a Burano. Il concorso è aperto ad opere di pittura, incisione e per la prima volta disegno; per ciascuna di queste categorie sono istituiti due premi ufficiali. Il premio per la pittura di paesaggio ispirato a Burano è offerto dall’Ente Provinciale Turismo.
Sempre alta è la partecipazione, 302 artisti presentano 602 opere di pittura, 134 di disegno e 70 incisioni. La giuria, composta da Virgilio Guidi (presidente), Eugenio Da Venezia, Mauro Innocenti, Giuseppe Marchiori, Franco Russoli, Piero Zampetti, Guido Perocco (segretario), seleziona 175 artisti per un totale di 196 opere di pittura, 38 di disegno e 52 incisioni.
I premi questa volta non vengono divisi e vengono così distribuiti: premio per la pittura di paesaggio al giovane milanese Bepi Romagnoni (L 500000) per il cortile, premio per una pittura di paesaggio ispirata a Burano a Fioravante Seibezzi (L 3000000) per Paesaggio lagunare, premio per una incisione di paesaggio a Girolamo Caramori (L 50000) per Paesaggio veneto, premio per una incisione di paesaggio lagunare ispirato a Burano a Mario Abis (L 50000) per rimorchiatori, premio per un disegno di paesaggio a Virgilio Tramontin (L 50000) per nell’estuario, premio per un disegno di paesaggio lagunare ispirato a Burano a Giorgio Spinaci (L 50000) per Laguna a Burano.
La tradizionale mostra fuori concorso perde il suo carattere storico ed ora è riservata esclusivamente agli artisti di Burano quali Remigio Barbaro, Savinio Bortoluzzi, Ernesto Busarello e Giovanni Vio.
Se nel 1953 le opere astratte erano in numero ristretto a questa edizione del 1956 le opere non figurative presentate dai giovani artisti sono in numero consistente e rappresentano la vera novità della manifestazione. Anche se non ricevono i premi ufficiali, ottengono comunque significativi riconoscimenti.
Nota Gigi Scarpa come il Premio Burano “ringiovanito nella partecipazione non ha perduto la sua vivacità e continua una sua nota polemica in rapporto al tema ( che è invero costrittivo per nessuno) rappresentata questa volta dalle punte estreme di quella forma che, molto sbrigativamente, per tutti possiamo dire astrattismo. E gli ordinatori pare si siano perfino preoccupati di accompagnare i visitatori a intendere bene come dalle più note e tranquille forme di un impressionismo veneto, che può stare tra Seibezzi e Cobianco, attraverso continui e forse inavvertiti paesaggi e trasformazioni costruttive e coloristiche si arrivi finalmente ai gridi alti e violenti dell’automatismo di Ennio Finzi e Rampin … In modo diverso vi si incontrano qui l’energetica e rabbiosa forza di Rampin e quella più sensibile, fino ai toni raffinati, di Finzi (stagione di Burano col suo rosa più sicuro), oppure il rigore fermo di Korompay e quello fresco di Zaramella e vi confluiscono anche la Sbisà esperta e controllata ma che deve fuggire le tentazioni delle influenze più vicine a Zotti come sempre impetuoso ma al quale crediamo di poter dare l’avvertimento di non ripetersi e di non fuggire con questa evasione agli impegni che si era preso innanzi con il suo racconto carico di vita e di passione. Con questi stanno Breddo (premio città di Padova) con un’opera non tra le più felici nella sua nuova produzione, la Capisani, Hollesch, la Gasparini, La regina (sic.) e Vianello”.
Sarà proprio la larga presenza di opere astratte a indicare con evidenza la fine di un certo vedutismo lagunare e a suggerire una pausa di riflessione.
Nel 1956, a dieci anni di distanza dalla sua prima edizione, termina il primo capitolo della storia del premio Burano che nel corso delle sue quattro edizioni storiche si è rivelato come un vitale e necessario momento di verifica dell’arte Veneta.

Giovanni Bianchi, dal Catalogo Memorie di paesaggio. Il “Veneto Felice” nei suoi pittori del Novecento. Cicero editore, 2010
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